Next Generation EU: l’impatto sull’economia italiana

di Marco Demicheli e Alessandro Manca

Ufficio Gestione Patrimoni Mobiliari del Banco Desio

I Piani di Rinascita e Resilienza Nazionali dovranno rappresentare analiticamente riforme sostanziali e impegni di investimento che dovranno essere coerenti e affrontare adeguatamente le sfide nei singoli Stati membri. Pertanto, è richiesto che gli sforzi siano sostanziali e credibili tanto che il Piano deve essere debitamente motivato e giustificato.

A partire dai primi mesi del 2020 si è diffusa in tutto il mondo l’epidemia di Covid-19. L’Italia è il Paese che, in Europa, è stato colpito per primo e con maggiore virulenza, trovandosi a fronteggiare l’epidemia con severe misure di lockdown, non essendo disponibili né vaccini, né specifici medicinali in grado di combattere la malattia. Gli effetti economici delle chiusure sono stati molto gravi: interi settori hanno dovuto interrompere l’attività per lunghi periodi; citiamo, a titolo di esempio, gli esercizi commerciali, i ristoranti, gli alberghi, gli impianti sportivi, le discoteche. Anche il mondo della produzione è stato duramente colpito, in quanto hanno potuto mantenere la propria attività solo i settori considerati essenziali, mentre gli altri hanno dovuto sottostare alla chiusura degli impianti. In questo contesto la risposta delle istituzioni europee non è stata immediata e univoca, passando attraverso successive fasi in cui è stata definita la strategia di intervento. Le misure a sostegno dell’economia sono ben presto risultate necessarie per fronteggiare le gravissime conseguenze della pandemia. Tra i diversi Paesi dell’UE, l’Italia è stato uno dei più attivi nel promuovere un piano di intervento di grandi proporzioni, finalizzato ad aiutare i Paesi più colpiti dall’epidemia e dalla conseguente crisi economica. Inizialmente si parlava di Recovery Fund, sottolineando la sua funzione volta a favorire la ripresa economica. Successivamente, in seguito a una incisiva azione della Commissione Europea che ha voluto potenziare l’intervento, dotandolo di ingenti risorse economiche e finalizzandolo a uno sviluppo economico che perseguisse obiettivi strategici innovativi, esso è stato denominato Next Generation EU (NGEU) con una dote da 750 miliardi di euro e costituito per circa la metà da sovvenzioni.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) si inserisce all’interno del programma Next Generation EU e prevede investimenti a cui sono allocate risorse per 248 miliardi di euro. Si tratta di un intervento che intende riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica, contribuire a risolvere le debolezze strutturali dell’economia italiana, e accompagnare il Paese su un percorso di transizione ecologica e ambientale. Queste risorse dovrebbero contribuire in modo sostanziale a ridurre i divari territoriali, quelli generazionali e di genere. Infatti, vengono destinati 82 miliardi al Mezzogiorno su 206 miliardi ripartibili secondo il criterio del territorio e sono previsti altri stanziamenti significativi a favore di giovani e donne. Il Piano si sviluppa intorno a sei assi strategici condivisi a livello europeo. Il primo è quello della “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura”, con l’obiettivo di promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo e investire in due settori chiave per l’Italia, turismo e cultura. Segue quello della “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”, con gli obiettivi principali di migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva. Un altro riguarda le “Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile”, il cui scopo è lo sviluppo di un’infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile ed estesa a tutte le aree del Paese. Il quarto attiene a “Istruzione e Ricerca”, mentre gli ultimi due hanno a che fare con “Inclusione e Coesione” (per facilitare la partecipazione al mercato del lavoro e favorire l’inclusione sociale) e “Salute”. Ovviamente questa pioggia di denaro è condizionata alla realizzazione di un ambizioso programma di riforme per contribuire alla modernizzazione del Paese e rendere il contesto economico più favorevole allo sviluppo dell’attività di impresa. Le riforme di contesto che accompagnano le linee di intervento del Piano, in sintonia con le raccomandazioni al Paese da parte dell’Unione Europea, mirano a rafforzare la competitività, ridurre gli oneri burocratici e rimuovere i vincoli che hanno rallentato la realizzazione degli investimenti o ridotto la loro produttività. Tra queste, la riforma della Giustizia e della Pubblica Amministrazione, la riforma di alcune componenti del sistema tributario per renderlo più equo, semplice ed efficiente, l’impegno per migliorare il mercato del lavoro in ottica di maggiore equità, le azioni volte a promuovere la concorrenza e riforme di settore in grado di garantire la massima efficacia degli interventi e dei progetti del Piano. Non solo, l’Unione Europea richiede che le tappe fondamentali e gli obiettivi da indicare nel Piano Nazionale debbano essere chiari e realistici e gli indicatori proposti pertinenti e solidi: ossia dovranno essere specifici, misurabili, realizzabili, realistici e limitati nel tempo. Invero, gli obiettivi devono essere associati a una tempistica chiara che sarà oggetto di valutazione. Si dovrà in sostanza fornire una data indicativa entro la quale si prevede il loro raggiungimento. Difatti, gli esborsi a sostegno delle iniziative del Piano saranno condizionati al completamento soddisfacente di un gruppo di tappe e di obiettivi che riflettano i progressi relativi alle numerose riforme prefissate e in relazione agli investimenti del Piano.

Il governo italiano ha già ben chiaro come intende utilizzare i 25 miliardi di prefinanziamento in arrivo dalla Commissione europea come prima tranche delle risorse a fondo perduto previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: fondi ad asili, Alta velocità ferroviaria, Superbonus, Transizione 4.0. Nel cronoprogramma inviato a Bruxelles e trasmesso in Parlamento il 4 maggio scorso il governo ha programmato 13,79 miliardi di euro di interventi grazie alle risorse europee. Parte di queste, circa 7 miliardi, sono state già assegnate attraverso il Fondo di rotazione nell’ultima legge di Bilancio a finanziamento delle misure previste per l’anno in corso. L’idea principale è che la ripartenza passi attraverso una “buona politica di sviluppo” e che, invece di “grandi piani concepiti in stanze lontane”, serva piuttosto “una combinazione di due cose: forti indirizzi nazionali, concordati con le Regioni, settore per settore e strategie integrate che, territorio per territorio, adattino quegli indirizzi ai diversi contesti con strategie governate dai Comuni”. L’obiettivo è quello di utilizzare le risorse del Recovery Fund ascoltando le istanze di chi governa i territori così da evitare generici piani di spesa ascoltando imprenditori e cittadini per far ripartire consumi, infrastrutture, servizi e cantieri. Il forte aumento degli investimenti pubblici, combinato con l’attuazione delle riforme, avrà un significativo impatto positivo sulla crescita dell’Italia. Secondo le previsioni del governo, la crescita reale del Pil dovrebbe raggiungere i 3,6 punti percentuali nel 2026 rispetto allo scenario di base senza i fondi comunitari. Questo corrisponde a un aumento di 0,6 punti percentuali del Pil in media all’anno. L’aumento dello stock di capitale avrà effetti anche oltre il 2026 e l’impatto sarà tanto maggiore quanto più le riforme riusciranno a migliorare la produttività dell’Italia nel lungo periodo. Questi effetti positivi saranno ulteriormente accentuati dall’effetto leva che caratterizzerà numerosi progetti del Piano, oltre che dalle riforme strutturali. Infatti, il PNRR potrà prevedere, in alcuni ambiti, l’utilizzo di strumenti finanziari in grado di facilitare l’ingresso di capitali privati, di altri fondi pubblici o di una combinazione di entrambi, a supporto degli investimenti. Il governo prevede un aumento della crescita potenziale di 0,8 punti percentuali per raggiungere 1,4% nel 2026. Questa maggiore crescita si tradurrà in un calo meccanico del rapporto tra debito pubblico e Pil.

Questo scenario, ricco di prospettive entusiasmanti per il nostro Paese, non deve farci dimenticare che l’impatto del Piano di Ripresa e Resilienza sulla crescita dipende ovviamente dall’effettiva attuazione di quest’ultimo.

L’Italia, come molti Paesi, in passato ha fatto un uso limitato dei fondi dell’Unione Europea a propria disposizione; nel 2020 ne abbiamo utilizzati solo il 51% di quelli previsti per il periodo 2014-2020. Questo dimostra l’importanza di realizzare le riforme strutturali in modo che il governo possa utilizzare i fondi in tempo e in modo efficiente. Il secondo rischio deriva dal fatto che Mario Draghi sarà a capo del governo solo per i primi anni del piano, fino al 2023. Il nuovo governo dovrà poi continuare l’implementazione degli investimenti pubblici e delle riforme per beneficiare dei pagamenti dell’Ue e stimolare la crescita, e questo non è scontato, vista l’instabilità che storicamente caratterizza la politica italiana. Il pericolo è che le risorse si disperdano in rivoli più o meno grandi, adatti a sostenere il consenso di una coalizione di governo altrimenti debole, ma senza una strategia economica per risolvere problemi del passato e aprire capitoli nuovi per il futuro. Infine, a livello finanziario, la politica monetaria della Bce ha permesso di mantenere i tassi bassi per facilitare il finanziamento da parte dei governi e consentire così alla crescita di tornare più rapidamente al suo livello pre-crisi, ma il ritiro troppo rapido delle misure di sostegno potrebbe determinare un rialzo non gradito dei tassi di mercato a tutto danno delle prospettive congiunturali del nostro Paese.

Il Next Generation EU è una grande opportunità per l’Italia di aumentare gli investimenti pubblici nell’energia e nella transizione digitale, per ridurre la divergenza tra Nord e Sud e consentire un aumento della produttività, la cui stagnazione è in gran parte responsabile della debole crescita da oltre vent’anni. Affinché questo piano abbia successo, Draghi si è impegnato ad attuare un piano ambizioso con riforme chiave per porre l’economia su un percorso di crescita più elevato. Il successo del Next Generation EU è essenziale per l’Europa per superare questa crisi e permettere a questo strumento di essere usato di nuovo in caso di un altro shock.

Ultima modifica 28/12/2021